In due articoli recenti ho cercato di chiarire come lo stato d’animo del Consultante o del Cartomante oppure le aspettative e il grado di morbosità del Consultante possano concorrere a rendere non veritiero un consulto cartomantico.
Se non li avete letti potete trovarli QUI e QUI.
Oltre questi aspetti vi è poi un ulteriore motivo che può concorrere rendere estremamente difficoltoso il concretizzarsi nel reale della sentenza oracolare di una lettura.
Succede spesso che alcune persone si rivolgano ad un Cartomante per un consulto e di fronte alla sentenza oracolare commentino “mi viene detto sempre questo ma non si avvera mai”. Mi sembra quindi utile tentare di spiegare perché una sentenza oracolare possa ripetersi nel tempo ma ritardi la sua concretizzazione nel reale.
Si tengano presenti due assiomi ben precisi:
1) le Carte NON sbagliano MAI. Può sbagliare il Cartomante a leggerle, può essere stanco, può essere nervoso, può essere poco empatico o addirittura può essere completamente inadeguato a leggere le Carte e quindi non riuscire a connettersi all’energia del Consultante. Ma le Carte, quelle che escono fisicamente sul tavolo, NON sbagliano mai. Il perché è stato accennato negli articoli già linkati: la Cartomanzia attinge al nostro sentire più profondo, l’unico modo per ingannarla è mentire a noi stessi. I simboli che codificano graficamente il nostro sentire possono quindi essere falsati nell’interpretazione (aspettative, morbosità ecc.) in quanto NON saranno mai completamente dissonanti dalla nostra dimensione interiore. Se mentiamo a noi stessi mentiamo alle Carte ed esse risponderanno di conseguenza.
2) Gli Archetipi codificano gli eventi tramite il fluire delle energie e pertanto la loro concretizzazione pur rivelandosi veritiera potrebbe essere in dissonanza con le nostre aspettative. L’esempio classico è quella della persona con cui avvieremo una relazione che un consulto rivela essere già presente nel ventaglio delle nostre conoscenze. Il Consultante può convincersi che sia una determinata persona mentre in realtà è un’altra che ancora non si è rivelata.
Quindi come spiegare il ritardo dell’avverarsi di una sentenza oracolare?
Caso 1, l’attesa. Questo è il motivo principale per cui una sentenza può tardare nell’avverarsi. In fase di divinazione la carta rende a livello energetico un evento che può essere distante nel tempo. Poniamo come esempio che l’evento, per esempio l’avvio d’un progetto, debba realizzarsi entro sei mesi (sui tempi si può leggere questo articolo). Il Consultante, certo che entro sei mesi vedrà l’avviarsi del proprio progetto di vita si mette l’animo in pace e decide di aspettare che gli eventi maturino. Questo è un errore gravissimo e concorre ad allungare i tempi. Perché in quei sei mesi di tempo stimati dalla carta il Consultante avrebbe stretto importanti vincoli amicali o lavorativi che gli avrebbero aperto la mente e presentato molte occasioni le quali poi avrebbero creato le condizioni per iniziare a concretizzare il suo progetto. Più il Consultante aspetta a muoversi, più la concretizzazione della sentenza viene posticipata nel tempo.
Caso 2, l’impegno. Poniamo ora l’esempio del Consultante che si senta incompleto e vorrebbe poter donare e ricevere amore. La sentenza parla di un importante incontro nell’arco di tre mesi. Il Consultante inizia ad uscire di più, si mette nella condizione mentale adatta a favorire la conoscenza di nuove persone, vince qualche piccola timidezza e mette in risalto i caratteri peculiari della propria personalità finché, tre mesi e mezza più tardi, incontra una persona quale descritta dalle Carte. Certo che quella persona sia la sua persona del destino il Consultante rilascia il lavoro su di sé tornando in una condizione di velleità inerente la sfera relazionale. Anche questo è un grave errore. È la trasformazione caratteriale del Consultante che lo ha portato ad incontrare la persona del destino. Che resta comunque la persona del destino. Ma magari, proprio perché la trasformazione è transitoria, fallace, imperfetta, ecco che l’incontro sarà altrettanto transitorio, fallace ed imperfetto. E la realizzazione della coppia sarà posticipata nel tempo, spingendo il Consultante a pensare che la sentenza oracolare è imperfetta oppure non veritiera.
Caso 3, le aspettative. Siamo tutti autoindulgenti. Forse troppo. La frase “troverai un a persona identica a te, che ti saprà completare” può darci molte speranze di costruire un vissuto relazionale solido e luminoso. Ma se il nostro carattere è chiuso ad input di crescita, se ci poniamo come detentori di verità assolute, se scivoliamo volentieri in atteggiamenti nichilisti1 o in una velata misantropia che ci fa chiudere al mondo, la persona che ci risuona completamente non sarà differente da noi… E perciò la relazione potrebbe rivelarsi problematica o peggio sfociare in un atteggiamento di codipendenza o in dinamiche relazionali intrise di morbosità. Valutiamo prima quanto e come diamo ed in seguito cerchiamo di capire quanto e come l’Universo risponde.
Caso 4, i ruoli. La tendenza a dare ruoli può essere uno dei motivi più importanti per cui una sentenza oracolare può tardare nel palesarsi. “Quella persona non è interessante”, “Da lui/lei non mi aspetto che questo o quel comportamento”, “La presenza di quella persona è completamente dissonante con ciò che sono io” sono giudizi arbitrari e frettolosi che tendiamo ad esprimere su tutte le persone che conosciamo o su coloro che fanno parte del nostro vissuto. Tuttavia caratterialmente una persona ha un ventaglio sensazioni intime che non ci sarà mai dato di comprendere interamente se la releghiamo da subito in un ruolo. Il vissuto intimo di una persona non ci è mai palese sin dal primo momento in cui la incontriamo. Definirla da subito in un ruolo ci renderà un solo spaccato parziale della persona e quel che è peggio lo farà secondo un metro di giudizio falsato in quanto frutto di una visione personale condizionata da aspettative e da strutture caratteriali. Imparare ad ascoltare è molto importante ed in una società nella quale la regola è parlarsi addosso l’incapacità di ascoltare è tra le prime cause di conflitto tra le persone. Inoltre si tengano ben presenti le strutture sociali e caratteriali radicate nella nostra società: il bello o la bella non sono sempre buoni, il ricco non è sempre avido, il ribelle non è sempre affidabile, la persona comune non è sempre mediocre, una buona posizione sociale non è sempre indice di un buon carattere, il Cartomante non è un santone taumaturgo, la persona che pone la giustizia come via di vita non è sempre giusta, e via dicendo. Spesso ciò che esprimiamo nel quotidiano compensa una mancanza dell’intimo, tenete sempre presente questo atteggiamento.
Caso 5, il lavoro su di sé. DIFFIDATE sempre e comunque di coloro che dicono di aver fatto un lavoro su di sé e se possibile non ditelo ad altri. Il concetto di lavoro su di sé è molto ampio e non è possibile spiegare un atteggiamento mentale che per comodità definiamo lavoro su di sé in poche righe. Talvolta tele atteggiamento può persino durare tutta la vita… Siamo abituati a scansione i tempi: questa settimana, questo mese, quest’anno, lo scorso anno, il periodo precedente, i mesi trascorsi, il futuro ecc. Ma gli Archetipi non solo non hanno tempo ma nemmeno hanno la nostra scala di valori morali, etici e comportamentali.
Piccolo off topic utile a dimostrare la tesi: Si dice che i Tarocchi siano nati nel Rinascimento e si ha l’immagine di un Rinascimento trionfale fatto di arte, morale, filosofia, genialità, rinnovamento. Si, vero, ma solo per una ristretta fetta di persone. Sono illuminanti in merito le parole di Cesare Vasoli che parla di un Rinascimento di pochi a discapito della condizione miserevole di tanti2. Questo per dire che gli Archetipi che hanno vissuto il Rinascimento, e le altre epoche storiche, sono gli stessi di oggi. Hanno attraversato secoli di mutamenti sociali e culturali proprio in virtù della loro atemporalità. Hanno “visto” ricchezza, miseria, guerra, pace, rivoluzioni, ma nel loro senso ultimo quei simboli sono restati fedeli a sé stessi. Hanno vestito altri abiti, sono stati riletti dalle mode e dalle istanze di determinate scuole di pensiero. Ma in realtà Non sono mai mutati davvero.
L’asserire di aver dedicato un periodo a sé stessi per lavorare sul proprio sentire e, pertanto, l’esigere che il riequilibrio che abbiamo coltivato a livello interiore favorisca un nostro miglior inserimento nel tessuto sociale e culturale, e anzi sia addirittura garante di un qualche riconoscimento DOVUTO dall’Universo è uno spreco di energie e non porta a niente. “Ho già dato”, “Ho dato tanto in passato”, “ho combattuto tanto”, sono tutte frasi che limitano l’impatto di un vero lavoro su di sé e creano l’aspettativa di un premio che, volenti o nolenti, dobbiamo comunque guadagnarci prima a livello energetico. Il primo modo per porsi nelle condizioni di riceverlo è proprio evitare di considerarlo un premio. Anche se abbiamo avviato un lavoro su noi stessi. Il periodo di yoga, il riequilibrio dei chakra, la sessione di campane tibetane, la lettura dell’Opera Omnia del mago di turno, il Maestro con cui fate un percorso, non vi serviranno a niente se relegate la crescita ad una sola stagione della vostra vita in virtù di aspettative premianti (è di nuovo una dinamica di compensazione). La crescita deve essere costante anche quando si iniziano a vedere i frutti. Più si pensa a raccogliere meno tempo si impiega a curare l’orticello del nostro vissuto personale. Ed è proprio questo atteggiamento mentale che spesso può concorrere a ritardare il concretizzarsi stabilmente di una situazione.
Ultimo e più importante caso: lo stato mentale del richiedere. Questo è l’ultimo e più importante caso per cui una lettura può tardare a concretizzarsi e riassume più o meno tutti i punti precedenti aggiungendo una semplice domanda:
Hai veramente necessità del concorso di qualcun altro per realizzarti?
Davvero la tua felicità passa per la presenza di quella determinata persona? Credi davvero che l’ammucchiare beni e denari ti renderà sicuro/a? Pensi che quel tal posto di lavoro ti renderà più stabile o è solo per il prestigio che porta che volgi i tuoi sforzi a realizzarti proprio in quel determinato ambito? Credi che le persone siano li solo per te? Pensi che ricevi poco dagli altri, ma tu quanto dai? Desideri arricchirti e conquistare il cuore di molte persone, che cosa stai compensando?
Tutte queste domande ci riportano all’assioma dell’uomo che è artefice del proprio destino e ci fanno capire che la nostra realizzazione, il concretizzarsi dei nostri sogni nel reale, è comunque unicamente sensibile di quella che è la nostra centratura su noi stessi unita all’apertura mentale e all’autocritica che dobbiamo coltivare costantemente. La nostra felicità non potrà MAI passare per la scelta di qualcun altro o il compulsivo ammucchiare soldi o oggetti.
A conclusione qualcuno potrebbe storcere la bocca: non è per niente facile si potrebbe pensare. Nessuno ha mai detto che lo fosse. Realizzarsi significa impegnarsi e lavorare duramente su di sé, non ci sono miracoli, non ci sono santi che fanno grazie, non ci sono incantesimi o rituali che sfuggano a questa regola. Se non per la quasi totalità dei casi. Ci può essere l’eccezione, ma se l’eccezione divenisse la regola non solo sarebbe volgarizzata nel suo senso ultimo ma ci impedirebbe di evolvere nella nostra crescita. Il miglior consiglio che si può dare per armonizzare le proprie aspettative con la sentenza oracolare è quello di meditare su ciò che Tarocchi hanno detto e cercare di comprendere come direzionare le nostre energie. Questo per dire che chiedere una seconda lettura per vedere “se ci sono sviluppi” non porterà niente se non al ripetersi della sentenza oracolare.
- Nel linguaggio corrente si parla di nichilismo per indicare, in modo polemico, gli atteggiamenti rinunciatari, distruttivi o autodistruttivi che derivano dal rifiuto dei valori e delle istituzioni esistenti https://www.treccani.it/enciclopedia/nichilismo_%28Enciclopedia-dei-ragazzi%29/
- Cesare Vasoli, a cura di, Le Filosofie del Rinascimento, Bruno Mondadori, Milano, 2002.